giovedì 26 luglio 2012

Esaurita la funzione di Monti

Forse a novembre 2011 non c'erano davvero alternative a un esecutivo d'emergenza. Ma questo non dà maggiore qualità al Governo Monti: non ne aumenta i meriti, non cancella i difetti. La nostra immagine internazionale è risalita e si è iniziato il recupero dell'evasione fiscale. Ma non c'è equilibrio malgrado i pesanti sacrifici in tagli e tasse. Non si profila nessuna crescita, si aggravano recessione e disoccupazione. Di equità è meglio non parlare. In sintesi: la politica del Governo (dei Governi europei) non funziona e la sua “spinta innovativa” sembra esaurirsi. Forse era sbagliata la formula dell'esecutivo puramente tecnico, forse la squadra è mal assortita. Ormai è tardi per porvi rimedio. Se si voterà a primavera non è chiaro in che condizioni il Paese ci arriverà. Probabilmente con l'economia in recessione formale e un sistema politico che non riesce a tornare protagonista delle riforme. Mentre la svolta sarebbe necessaria adesso. Cosa possono fare i “produttori” contro la crisi e di fronte a un Governo che ignora l'economia reale, forse perché non la conosce? Non accontentarsi di attendere un ciclo espansivo importato dall'estero o gli aiuti nazionali che non verranno. L’economia reale deve necessariamente ripartire dalla situazione concreta delle imprese e dei territori. Perché la competitività e la produttività delle imprese (in assenza di politica economica), dipendono da imprenditori, manager e dipendenti, nessun altro. Anche quella del settore pubblico. È possibile condividere tra parti sociali un percorso per la crescita della produttività dell'industria e dei servizi? È possibile individuare obiettivi concreti e tradurli in accordi efficaci? È necessario e urgente, perché il Paese (in attesa della Nuova Europa) potrebbe affondare. Lo si può fare con un'intesa programmatica subito e la contrattazione, in coerenza con il 28 giugno. Lo si può fare se si evitano le scorciatoie degli ultimi anni: reciproche e speculari. Non è vero che dipende tutto dalla flessibilità del lavoro e degli orari; non è vero che nulla di quello che è stato pattuito nello sviluppo non possa essere adattato contrattualmente alla crisi. C'è bisogno di una strategia industriale, di investimenti per l’innovazione, di un'organizzazione della produzione che aumenti l'efficienza di impianti e lavoro. C'è bisogno dell'intelligenza e della partecipazione a tutti i livelli: del sapere e del saper fare. C'è anche bisogno di retribuzioni più commisurate alla produttività per rilanciare i consumi. Riusciranno le parti sociali a sottoscrivere linee guida comuni per la crescita prima che sia tardi? Dipende solo da loro: provarci è un obbligo persino morale. Inutile sperare in un aiuto del Governo se il direttore d'orchestra ha paura di concertare. Per sedersi attorno a un tavolo e provare a lavorare insieme non c'è bisogno dell'autorizzazione di Palazzo Chigi. Se le parti sociali concorderanno fra loro un percorso per la crescita potranno chiedere con più autorevolezza al futuro Governo seri provvedimenti di sostegno, a partire dal riequilibrio della pressione fiscale. Altrimenti, fra qualche anno si dirà semplicemente che la classe dirigente italiana (parti sociali comprese) non è stata all'altezza della gravità della crisi.

giovedì 19 luglio 2012

Milanesiana 2012

Alla Milanesiana, su invito di Elisabetta Sgarbi, con il sindaco di Ferrara Tagliani, di Finale Emilia Ferioli, di Ro Parisini, con Roberto Pazzi, giornalisti e poeti a parlare di Emilia, Ferrara, terremoti.

          "Un viaggiatore inglese dell'800 scriveva: "strana gente questi ferraresi, gli fai domande su Tasso e ti rispondono su Ariosto..." Questa stranezza è rimasta fino a oggi: amiamo la follia immaginata di Orlando e rimuoviamo quella clinica di Torquato. Siamo passati dal rinascimento visionario al novecento realistico e metafisico ma non abbiamo frequentato molto il romanticismo di Lord Byron che si fa chiudere nella cella del Tasso per respirarne l'aria malata. Forse perché non c'era nulla di romantico nella Ferrara deserta, spogliata e decadente frequentata dal Grand Tour e riprodotta nelle ceramiche Wedgewood: acque ferme nostrane, il Castello Estense come sfondo e pescherecci inglesi in primo piano.
Non c'era niente di eroico e di immaginifico nemmeno nella vita quotidiana della corte rinascimentale estense, se non nelle teste dei poeti e dei pittori della grande officina. Tantomeno nella miseria quotidiana della città. Ma questa è un'altra storia: anzi, sarebbe la storia vera, ancora non raccontata se non nei film di Olmi e di Vancini.
Un critico letterario (sempre inglese) ha scoperto che invece c'è una correlazione molto stretta tra città celeste e città terrestre. Tra la Gerusalemme finalmente Liberata e la Ferrara che ancora tratteneva Tasso in prigione o in ospedale (la distinzione è dei secoli successivi). Non solo nella perfetta corrispondenza tra il numero dei canti e il numero delle strade che tagliavano Via dei Prioni, il nuovo asse dell'Addizione Erculea. La città reale e la Gerusalemme cantata corrispondono anche nell'asimmetria. Nel fatto che prima Biagio Rossetti e poi Torquato Tasso hanno posto il baricentro, la Piazza Nova e il canto più importante della Gerusalemme non a metà delle loro opere, bensì qualche spazio dopo, come la Piazza Nova non è al centro del crocicchio in asse con il Castello ma spostata qualche traversa verso Est. Un'asimmetria molto moderna se voluta, molto antica se casuale. Persino contemporanea se imposta al Duca dalle pressioni della rendita urbana di allora. Non sappiamo.
Era, non troppo casualmente, il 1492 quando Ercole decise di allargare gli orizzonti e raddoppiare gli spazi urbani della città a Nord del Castello verso Mirasole e Belfiore e affidarne la progettazione alla penna visionaria e geometrica insieme di Biagio Rossetti, che per l'occasione si inventò il mestiere fino allora sconosciuto dell'urbanista. La Piazza asimmetrica, quello spazio aperto, avrebbe dovuto diventare il simbolo della sua impresa. In quella Piazza Nova spostata sulla destra Ercole avrebbe voluto collocare se stesso a cavallo, ci dicono i cronisti, in cima a due grandi colonne decorate con foglie di quercia. In modo che fosse chiaro a tutti che anche a Ferrara il futuro si andava delineando oltre le colonne d'Ercole e che la spinta propulsiva (libera e caotica) dei comuni medioevali si era ormai esaurita. Ora c'era un potere centrale forte a sostituire le fazioni in permanente lotta fra loro. Chissà se la chiamavano riforma istituzionale...
Ercole e Biagio progettavano il futuro di quella Ferrara che Torquato avrebbe cantato 60 anni dopo. Ma sull'unica colonna superstite della Piazza Nova oggi c'è la statua di Ariosto e non quella di Tasso.
Aggiungo appena (per chi non è stato adolescente a Ferrara) che se la Tasso era una buona scuola media della borghesia cittadina, l'eccellenza dell'insegnamento e della cultura classica si sono sempre respirati al Liceo-Ginnasio Ludovico Ariosto. (Niente a che vedere né l'una né l'altra con la natura più popolare e quasi "vulgare" della Dante Alighieri, o Aldighieri, per dirla alla ferrarese...)
Così è apparso molto naturale e quasi ovvio che, quando anni fa si progettava un percorso turistico ferroviario che unisse Mantova, Ferrara e Ravenna, si pensasse di costruire 4 treni nuovi (materiali, li chiamano i ferrovieri) e dedicarli, in ordine di orario, a Virgilio e Dante il mattino, ad Ariosto e Tasso la sera. Tanto per dare il segno al viaggiatore di oggi che in questi 150 chilometri di terreno padano alluvionale (proprio il cratere sismico) si è aggirata gran parte della "follia" creativa nazionale degli ultimi duemila anni.
Terreno alluvionale ma instabile: "Chilometri di sabbie e ghiaie con sotto montagne in movimento" ha titolato un mensile divulgativo di scienza per spiegare il terremoto recente e anche quello ancor più devastante dell'epoca di Tasso per cui la città risultò a lungo spopolata. Così oggi il monumento ad Ariosto nel catino della moderna Piazza Ariostea (genialmente abbassata 3 metri sotto il livello della strada durante il ventennio), attorno a cui ha "giocato" anche Italo Balbo (vittima e artefice di altre follie emiliano-romagnole), quel monumento ad alti gradoni che dedica "A Ludovico Ariosto la Patria" è oggi tristemente circondato dalle strisce di plastica a righe bianche e rosse che dal 20 maggio indicano in città le aree inagibili e il pericolo di crolli.
Cosa abbia dato la Patria a Ludovico Ariosto non è chiarissimo. All'epoca molti noiosi incarichi diplomatici da parte del suo Signore, il Cardinale Ippolito, e incombenze di corte. Tra cui la creazione di un Epitalamio in accoglienza di Lucrezia Borgia che veniva a sposare il figlio di Ercole d'Este con la sua allegra corte spagnolesca e la sua cupa eredità pontificio-romana. Un componimento poetico, si deve notare, celebrativo quanto inascoltabile, tanto l'allegoria sembra soffocare la fantasia creativa del poeta.
Poi, solo qualche celebrazione e riedizione qua e là lungo i secoli. Fino alla rappresentazione più ariostesca di tutte: l'Orlando di Luca Ronconi dei primi 70 con i grandi cavalli di legno spinti da attori e figuranti nelle piazze di mezza Europa. Quando anni fa ho chiesto a Ronconi se avesse voglia di rappresentare a Ferrara anche una Gerusalemme Liberata mi ha risposto che non era possibile perché Ariosto "si declama" mentre Tasso "si legge".
Torniamo alla statua di Ariosto e a quel che gli ha dato la Patria. Ludovico è ora un marmo grigio scuro che ha bisogno di impacchi profondi e delicati per tornare bianco. Sono potuto andare di recente a guardarla da vicino e ho scoperto con orrore che la sua grande testa, a più di 20 metri d'altezza, è cosparsa di muffe e percorsa da formiche. Formiche reali non metafora di un cervello inquieto e insofferente. Piuttosto le muffe che avvolgono il marmo potrebbero essere il simbolo di una città tornata a soffrire e intorpidirsi.
Il terremoto ha danneggiato l'hardware civile-industriale e storico-architettonico ma anche il software culturale diffuso delle città e dei paesi che ha colpito. Ed è più semplice ricostruire il primo che restaurare il secondo.
Ferrara nei secoli ha inventato e prodotto cultura materiale e immateriale, non solo per sé. Ora rischia di fermarsi e ammuffire per colpa delle montagne in movimento dal basso e la mancanza di aiuti, l'Olimpo della politica e delle istituzioni che ci osserva immobile, dall'alto. Parlare di Ferrara è già una spinta a riprendersi. Rievocare la sua storia è già invitarla a scuotersi dal presente incerto e sognare nuovi ippogrifi benefici.
Prima di venire qui ho letto queste righe a un amico che mi ha chiesto: quale sarebbe il canto "centrale" della Gerusalemme Liberata di cui parli? Io ho dovuto obbligatoriamente rispondergli: non lo so, mi sono fidato di quel critico letterario inglese perché Ariosto l'ho letto anche in una copia anastatica della prima edizione, ma Tasso, da ferrarese, lo conosco poco."
Gaetano Sateriale
Milanesiana, 19 luglio 2012


PS. Spiace ricordare che 2 sere fa, un giornalista che proviene dagli USA (Claudio Gatti del Sole24ore) e che non conosce né la città né i suoi amministratori, abbia descritto in TV una Ferrara novella Gomorra dell'inquinamento chimico e dell'intreccio tra interessi industriali illegali e poteri costituiti. Non gli accertamenti, le caratterizzazioni, le assemblee pubbliche e le bonifiche avviate, ma presunte menzogne, sotterfugi, abusi. Spiace soprattutto che questa "vigliaccata" alla città l'abbia fatta La7. Come rispondere? Per quel che mi riguarda l'Istituto Superiore di Sanità fa fede su La7. Chi non teme la verità venga a vedere di persona come si lavora sui temi ambientali a Ferrara. Chi preferisce i pregiudizi e le deformazioni del reale se ne stia pure oltre le colonne d'Ercole.

venerdì 6 luglio 2012

Alla Festa del PD

Questa sera alla festa del Pd di Ferrara a parlare di lavoro, crisi e politiche per la crescita con l'Onorevole Pierpaolo Baretta, Pierangelo Albini direttore delle relazioni industriali di Confindustria e il direttore del Trentino Alberto Faustini.

giovedì 5 luglio 2012

dall' Unità del 5 luglio 2012


Emilia, i Comuni motori della ricostruzione

di Gaetano Sateriale

«SE CI SARANNO ALTRE SCOSSE SARÀ UN
DISASTRO. SE NON CI SARANNO SI DIMENTICHERANNO
DI NOI: LO HANNO GIÀ FATTO». Così
un cittadino emiliano, così in molti.
Alcuni giornali non parlano
quasi più del terremoto e solo il caldo
torrido sull'Emilia fa notizia. Fra qualche
mese scriveranno delle piogge e del freddo
sulle tendopoli: tutto già visto, tutto
nella norma.
Invece nulla è tornato normale. Le case
cadute sono ancora a terra, le bande bianche
e rosse sono ancora legate attorno
agli stabili pericolanti, l'economia fatica a
riprendere. Nessuno sa quante scuole potranno
essere aperte in autunno, quante
chiese, quanti teatri, quanti musei.
Molti danni diffusi ovunque (oltre ai
grandi crolli), molti edifici dichiarati prudentemente
inagibili, anche troppi.
I centri storici delle città colpite si sono
svuotati: in tanti quartieri í bar sono chiusi
il sabato pomeriggio perché non c'è nessuno.
Molta gente si è avvolta in un fatalismo
che non gli appartiene.
Impossibile stimare l'ammontare dei
danni e delle cifre necessarie per tornare
alla situazione di prima. Sono valori impressionanti,
ben lontani dai fondi stanziati
dal governo (mai arrivati) e dagli sforzi
encomiabili della solidarietà.
Oltre alla produzione si sono interrotte
le relazioni fra imprese, non solo quelle
industriali.
Se il Museo Sorolla di Madrid chiede,
in via amichevole, la restituzione anticipata
dei quadri esposti al Palazzo dei Diamanti
di Ferrara (pur agibile) è segno che
con il terremoto si sono incrinati anche i
rapporti di fiducia costruiti negli anni.
L'azzeramento del turismo culturale in
una capitale italiana della cultura è stato
conteggiato tra i danni del terremoto?
Con il sisma si è messa in pericolo l'identità
culturale di una comunità. Valori che
non si misurano in punti di Pil.
Non serve essere emiliani per sapere
che quelle terre e quella gente ce la faranno
a recuperare la loro ricchezza e la loro
coesione sociale: sapranno "tener botta". E ce la
faranno soprattutto contando sulle proprie
risorse economiche, professionali e
culturali. Hanno superato molti immani
disastri nei secoli: alcuni "naturali" come
le alluvioni, altri meno, come le guerre.
Il vero punto è un altro: qual è il migliore
aiuto per favorire questo processo di
autoricostruzione, oltre alla solidarietà?
Il governo (centrale, regionale e locale)
cosa può fare?
Sono senz'altro necessarie risorse ingenti e non virtuali,
 ma anche linee di indirizzo
e coerenze, per evitare errori. Si può
restaurare ciò che si è lesionato e ricostruire
ciò che si è distrutto; oppure si può
edificare seguendo criteri antisismici; e si
può dare inizio a una edilizia a risparmio
energetico e non tradizionale.
Per intraprendere questa via non serve
rendere più laschi i vincoli urbanistici e le
norme sui subappalti: l'Irpinia prima del
terremoto de11980 era abitata per paesi e
borghi, oggi lo è per case sparse ovunque.
Si può "rispondere" al terremoto innovando
il sistema regionale per aumentare la
coesione tra i territori: i trasporti, le telecomunicazioni,
i servizi web e wifi, la salute
e il welfare per gli anziani.
Si può razionalizzare il sistema dei servizi
pubblici e anche immaginare una
maggiore integrazione tra ricerca, università
e lavoro. Si può ricominciare a produrre
cultura. Per imboccare questa strada
occorre un progetto di riqualificazione
condiviso.
Servono le volontà dei commissari e soprattutto
il coinvolgimento delle istituzioni
locali. A partire dai Comuni che, da molti
secoli, sono i veri motori del sistema regionale
emiliano romagnolo.

mercoledì 4 luglio 2012

L'Asilo dei Veleni 2.

 Ferrara batte New York: 4 a 0

L'altra settimana il sindaco Tagliani mi ha gentilmente informato che era arrivata la relazione dell'Istituto Superiore di Sanità sull'Asilo di Via del Salice e che lui avrebbe fatto una conferenza stampa sul tema, poiché era intenzionato ad aprire l'asilo.

Il giorno dopo Stefano Lolli (l'inventore, credo, anzi ne sono sicuro, del titolo "Asilo dei Veleni") scriveva un pezzo molto serio che riporto per documentazione:

«Via del Salice, niente tracce di Cvm»
QN - Il Resto del Carlino del 27/06/2012 , articolo di STEFANO LOLLI  ed. Ferrara  p. 7

L'Istituto di Sanità esclude «rischio tossico e cangerogeno». Tagliani: «Si apre»

di STEFANO LOLLI «COMPLETA assenza di rischio sia tossico che cancerogeno». Un imprimatur di otto parole: l'Istituto Superiore di Sanità certifica, dopo due anni di studi e monitoraggi, che per l'asilo di via del Salice non sussiste alcuna contaminazione da Cvm. Nè all'interno della scuola, né nelle aree circostanti: e la presenza del temuto cloruro di vinile monomero è esclusa «anche nelle abitazioni più vicine alle discariche dismesse - spiegano gli esperti -, e con falde affioranti». Perciò il sindaco Tiziano Tagliani ha annunciato ieri «l'intenzione, confortata da dati certi e incontrovertibili, di aprire l'asilo: vanno completati i lavori che l'azienda, dopo la rescissione del contratto, ha lasciato incompiuti. Opere impiantistiche e la sistemazione del parcheggio, per un ammontare di 300mila euro già a bilancio». Questi lavori saranno banditi a breve e prudentemente, evidenzia il direttore tecnico del Comune Fulvio Rossi, «si potrà aprire la scuola subito dopo le festività natalizie». Del resto già nel 2009, prima dello stop clamoroso da parte dell'Azienda Usl, l'asilo del Salice doveva partire a gennaio. «Vista l'indisponibilità dell'Aquilone per il sisma, quei 120 posti sono preziosi come l'oro», sottolinea Tagliani. Via libera dunque alla scuola d'infanzia, e dati «sostanzialmente rassicuranti» come recita la nota dell'Istituto Superiore di Sanità anche per l'intero Quadrante Est. L'indagine epidemiologica non ha evidenziato problemi di salute per i residenti: «Resta evidentemente la criticità del dato ambientale legato alla presenza delle vecchie discariche - afferma l'assessore Rossella Zadro -: proseguiranno dunque le attività sia di caratterizzazione che di bonifica, per cui sono stati previsti progetti e finanziamenti per oltre 2 milioni di euro». Verrà attuata la «captazione del percolato della discarica - spiegano gli esperti dell'Istituto Superiore di Sanità -, così da intervenire anche strutturalmente sul problema di fondo dell'area». Sapendo però «che il Cvm non è stato rilevato in atmosfera e neppure sui terreni - conclude Tagliani - e che le discariche non influiscono in alcun modo sull'asilo del Salice».

Dopo questo articolo mi hanno scritto in molti. Mascia, l'assessore all'ambiente di allora. E Raffaele, l'assessore all'urbanistica. Le mail erano scherzose ma contenevano interrogativi inquietanti. "Chi ripagherà le famiglie ferraresi degli anni in cui non hanno potuto portare i loro figli all'Asilo di Via del Salice senza alcun motivo fondato?" Nessuno, ovvio.
"Ci verranno a chiedere scusa Gasparini e Marchi degli insulti che per anni hanno ripetuto contro di noi sostenendo che volevamo avvelenare i bambini?" Non verranno, questo è poco ma sicuro.
E aggiungo io: "Quel giornalista arrivato dagli USA per fare un documentario inchiesta sullo scandalo dell'asilo e sull'inquinamento chimico a Ferrara, senza informarsi compiutamente, mi manderà una mail dicendo che gli dispiace aver preso una cantonata?" Non lo farà certamente...

Quindi ci dobbiamo consolare da soli. Ricordando gli episodi e le partacce di  protagonisti e comparse. E il finale della commedia in cui tutto si sistema.

Uno dei ruoli più inquietanti in commedia lo gioca la Usl locale. Bravi professionisti, con cui abbiamo sempre lavorato bene, che a un certo punto (dopo aver autorizzato la costruzione dell'asilo in quel posto preciso), cambiano idea e cominciano a dire che c'è rischio per i bambini e quindi non va aperto. Giuro che i nomi non li ricordo, ma persone in buona fede. Che improvvisamente cominciano a non ragionare professionalmente. Ora mi dicono siano andati in pensione. Meglio così: la pensione aiuta a rendere i ricordi più sfumati e guardare le vicende da lontano, anche le proprie.

Ricordo una riunione a Bologna con i tecnici dell'Arpa e dell'assessorato alla salute. I nostri della Usl a dire che dai dati non si poteva escludere che ci fosse rischio e  quelli della Regione che (giustamente) rispondevano che il rischio va quantificato. Scientificamente non esiste il rischio uguale a 0. Perché per nessun mambino (o anziano) che esce di casa la mattina si può stabilire un rischio da inquinamento (o da incidente o da malattia) uguale a 0. E loro che continuavano a nascondersi dietro la frase "non si può escludere che ci sia il rischio" e quindi, per precauzione, bisognava non aprire l'asilo.
Una piccola riflessione su quella frase. Non solo è priva di senso scientifico, è anche priva di buon senso comune. E' una deformazione del "principio di precauzione" in un atteggiamento dialettale del tipo "an's pòl mai saver cusa pòl capitar..." che indurrebbe chiunque a starsene a casa propria per non incorrere i rischi "non escludibili". Poi c'era un'altra cosa che mi irritava molto nell'ascoltare i dirigenti della Usl di Ferrara in quella riunione. Se c'erano rischi c'erano per tutti: perché volevano tenere chiuso l'asilo e non il centro sociale che sta lì accanto? I rischi per anziani non sono degni di essere presi in considerazione dalle autorità sanitarie locali?
La mia impressione era che quei tecnici, molto equilibrati nel gestire problemi ambientali o epidemiologici complessi, come avevo verificato tante volte, in quel caso rispondessero più ai titoli dei giornali e alla cautela personale che non alla correttezza professionale. Me ne sono lamentato con il Direttore della Usl di allora, ma anche lui si è barcamenato dicendo che non poteva intervenire sui suoi dirigenti. Singolare questo atteggiamento: a un sindaco spesso si richiede di correggere le decisioni formali di giunta e consiglio, ma un direttore di un'azienda non può correggere le opinioni espresse dai suoi dirigenti?
Poi c'è stato anche un episodio sgradevole di una lettera della Usl che conteneva firme non pertinenti con il tema.
Qualcuno è venuto a dirmi successivamente che in realtà c'era un vecchio dirigente della Usl che abitava di fronte all'asilo e li teneva sotto pressione perché non voleva che la presenza dell'asilo (con i bambini e le auto delle madri) sconvolgesse la serena vita del quartiere. Ma non ho elementi certi per sostenerlo. Altri hanno cercato di buttarla in politica: un certo ex dirigente Usl amico di un dirigente Usl vicino a posizioni di un consigliere di opposizione noto per le sue piazzate contro la Giunta. Ma anche su questo non ho nessuna prova.
A me la spiegazione sembra molto più semplice: un comportamento pavido da parte di pubblici ufficiali. E questo non va bene.

In quella riunione a Bologna ho cominciato (per la prima volta) a pensare che dell'Usl non ci si potesse fidare e mi è venuta l'idea di chiedere all'Istituto Superiore di Sanità di misurare il rischio, visto che i nostri non se la sentivano.

Poi ci si sono messi i comitati ad amplificare i timori. Non a sollevare dubbi, in questo caso, ma a sparare contro l'asilo che avvelena i bambini. Ma i comitati di queste campagne ne hanno fatte molte e non avrebbero potuto bloccare l'apertura di un asilo nuovo di zecca se non ci fosse stata la "complicità" più o meno oggettiva dei dirigenti della Usl di allora. Anche perché noi abbiamo sempre parlato pubblicamente della vicenda, in assemblee piene di gente in cui abbiamo spiegato che quell'area era contaminata dalla discarica, che bisognava fare analisi, quali erano i risultati e quali le nostre decisioni. In piena trasparenza. Chissà se la Marchi e Gasperini hanno raccontato a Claudio Gatti da New York che quelle assemblee le aveva indette il Comune e non loro. E che la gente si è fidata di quello che il Comune diceva e non ha creduto alla loro interpretazioni dei fatti e dei dati.

Caro Gatti, la gente si preoccupa, questo è comprensibile e giusto. Ma si fida delle istituzioni locali, quando si comportano in maniera trasparente. Questo è importante. Forse è l'unico collante rimasto tra gli elettori e gli eletti. Malgrado l'antipolitica e un giornalismo che non cerca la verità ma lo scoop.

Ma questi sono tutti fatti già accaduti e passati: solo ricordi di vecchi mal di pancia.
Ora siamo di fronte alla relazione conclusiva dell'Istituto Superiore di Sanità che ha fatto indagini per molti mesi sia nell'asilo che nelle abitazioni vicine. Si può trovare  in Iternet. Dopo molte pagine di dati, la conclusione sta in una riga: "nell'Asilo Nido, struttura chiusa e disabitata, si evidenzia la completa assenza di rischio sia tossico che cancerogeno", la sottolineatura è nella relazione dell'ISS.

Ora l'asilo si può aprire e abitare. E' un asilo bellissimo. Spero che qualcuno si ricordi di  invitarmi per la sua apertura (cosa che non è accaduta per l'Ospedale di Cona).


  


  




domenica 1 luglio 2012

L’Asilo dei veleni 1.

Un agguato postumo

Venti giorni fa, forse un mese. Mi telefona una signora gentile de “La7”, la rete televisiva, dicendo che vogliono fare un’inchiesta sulla chimica in Italia e chiedendomi se sono disponibile per un’intervista. Io rispondo che in Cgil mi occupo di politica industriale ma non di chimica e che c’è una categoria che si chiama Filctem che ha tutte le competenze in materia. La signora, sempre gentilmente, mi dice che le risulta che io abbia fatto il sindacalista chimico un tempo e che loro vorrebbero parlare dei rapporti tra petrolchimico e città e che pensano di intervistarmi anche come ex sindaco. Alla fine accetto: non sono aggiornato sulle tendenze dell’industria chimica ma sul rapporto tra petrolchimico di Ferrara e città mi sento abbastanza preparato. “Devo venire io nei vostri studi?” “No, grazie, mandiamo noi una troupe in ufficio da lei”. Poi parlo al telefono con il segretario della Filctem Cgil di Ferrara dove la troupe è già stata e mi faccio aggiornare sulle strategie, sempre complicate, dei produttori presenti nel petrolchimico. Il segretario mi dice che gli sembra stiano girando un vero documentario sulla chimica italiana non solo qualche intervista.

Dopo qualche giorno si presenta in Cgil nazionale una vera troupe televisiva con tanto di regista, addetto al suono, diversi operatori e almeno 2 telecamere, forse 3. Capisco che non si tratta solo di un’intervista perché ci chiedono di poter allestire un set e di scegliere la sala dove sistemare un tavolo per l’intervista con le luci e le camere. Girano a lungo per il palazzo di Corso d’Italia 25 e scelgono la sala Santi, il luogo dove si tengono le conferenze stampa del Segretario Generale e le riunioni con i Segretari delle categorie e dei regionali, la cosiddetta “direzione”. I tecnici e il regista sono simpatici, andiamo a prendere un caffè insieme al bar interno.
Quando è tutto pronto arriva anche il giornalista. Si presenta, dice di essere il corrispondente del Sole 24 Ore da New York e di abitare lì da 30 anni. Si chiama Claudio Gatti. Ha in mano degli appunti che sta rileggendo. La serietà del giornale è tale che a me non viene nemmeno un piccolo dubbio su cosa c’entri il Sole con La7. Ci sediamo al tavolo e mentre ci microfonano chiacchieriamo liberamente.
La conversazione è su temi di attualità: l’Europa, la Grecia, la crisi finanziaria… e l’Italia. Non condivido le sue opinioni sul tema ma niente di male. Quando dice che negli Usa l’Italia passa per essere un paese di “pezzenti” che chiede sempre aiuto agli altri senza fare quello che dovrebbe lo trovo inutilmente offensivo. Conosco un po’ i pregiudizi “americani” su di noi ma detti da un italiano stonano molto. Che cosa mi vuol far capire? Che ha un’idea molto personale delle cose? Che non guarda in faccia a nessuno? Il corrispondente del Sole24 ore da New York che pensa cose del genere del suo Paese? Boh… mi resta una sensazione sgradevole addosso, ma la archivio. Comincia l’intervista.

I primi 3 minuti l’uomo mi chiede effettivamente qualche parere sulla chimica in Italia: domande generiche, risposte generiche. Poi dal quarto minuto colpo di scena. Improvvisamente apre una pagina del mio libro e legge un pezzo in cui parlo dell’Asilo di Via del Salice (altrimenti detto “Asilo dei veleni”) e l’intervista cambia completamente tono e argomento per i successivi 27 minuti. Lui mi accusa di aver costruito un asilo su una discarica pur sapendo che i terreni erano contaminati e di aver sperperato denaro pubblico. Cita date, rapporti, pareri a sostegno delle sue tesi. Io mi difendo per quel che posso, andando a memoria, senza avere la sua precisione e i dati sottomano, ovviamente. “No, quando abbiamo saputo che il sottosuolo era contaminato da Cvm, per indagini fatte da noi per precauzione, l’asilo era praticamente finito”. “No, l’asilo non è sul bordo dalla discarica come dice lei, ma più lontano”. “Certo che l’abbiamo tenuto chiuso, non siamo matti: abbiamo chiesto all’Istituto superiore di Sanità di rifare le indagini e decidere il da farsi. Faremo quello che dice l’ISS”. “Tutti sanno tutto: abbiamo fatto decine di assemblee pubbliche”.

Quando capisco che tutta l’intervista sulla chimica è una finzione e in realtà quel signore ha orchestrato una trappola contro di me solo sull’asilo è ormai tardi. Il responsabile dell’Ufficio stampa della Cgil, presente, mi dirà poi che avrei dovuto alzarmi e andarmene perché gli accordi non erano quelli. Io non ci ho nemmeno pensato e sono rimasto seduto a difendermi (con qualche affanno, immagino) dagli attacchi sistematici di Gatti, corrispondente del Sole24 Ore da New York. Mai avrei pensato a un agguato postumo sull’asilo con la vicenda ancora in corso.

A un certo punto scatta un altro colpo di scena preparato con cura degna di miglior causa. Il corrispondente del Sole24 Ore da New York sfodera la sua arma segreta per mettermi KO. Davanti a sé ha un Pc. Preme un tasto e lo gira verso di me dicendo di guardare e rispondere. Io guardo e cosa vedo? Non un funzionario dell’Onu che parla di questioni ambientali, non un dirigente Unicef che mi accusa di attentare alla salute dei bambini, non un premio nobel per la medicina che spiega il mio errore bensì, novello Savonarola, vedo la signora Marchi che in un filmato autoripreso attacca in un’assemblea pubblica il funzionario del Comune responsabile dell’ambiente (le cui risposte non si sentono) dicendo che il sottosuolo dell’asilo è contaminato.

Il colpo è davvero troppo pesante… Di fronte a tanta accusa circostanziata non riesco più a contenere l’attacco. Non serve che dica che quella scena l’ho vista mille volte e che secondo quella signora non si possono nemmeno asfaltare le strade senza creare un grosso rischio per la popolazione. Non serve che dica che i dati cui fa riferimento l’accusa sono stati accertati dal Comune e resi immediatamente pubblici. Nemmeno che l’Usl ci aveva autorizzato a costruire l’Asilo e poi ha cambiato idea. Tutto inutile. Prima la citazione del mio stesso libro, poi il documento filmato, sono alle corde… Gatti ha la faccia di quei Procuratori distrettuali che nei film americani stanno incastrando l’assassino. Mi fa molta rabbia e una certa pena. Non riesco a togliermi di dosso la sensazione di ridicolo: una messa in scena così costosa per incastrare un ex sindaco su una cosa che tutti conoscono a partire dalle opinioni della Marchi. E lui è venuto da New York per uno scoop del genere…

Il corrispondente da New York del Sole24 Ore mi dà qualche altro colpo ben assestato tipo “è vero che lei ha nominato il signor Maranini per un anno al vertice dell’Azienda Agea pur essendo questo signore stato multato per trattamento irregolare dei rifiuti?” Io non posso che farfugliare un inutile “e allora? Maranini era assessore alla salute nella giunta prima della mia, era un amministratore…” vedo negli occhi di Gatti che si stringono in chiaro segno di vittoria. Forse a New York una multa a un assessore significa condanna ai lavori forzati e l’allontanamento da ogni carica pubblica, ma non certo qui da noi, nel Paese dei “pezzenti”.

L’intervista è finita. Ci alziamo. Lui mi dice un professionale “arrivederci”. Io evito di dirgli quello che penso e me ne vado. Ora ci scherzo perché l’intera vicenda mi sembra ridicola, anzi grottesca per me e per lui che l’ha orchestrata, ma ero molto arrabbiato quella mattina.

Salgo in ufficio e telefono a un amico dirigente de La7 per cercare di capire cosa passa loro per la testa. Mi risponde che Gatti non lavora alla 7, che sta facendo un documentario che gli vuole vendere e che loro non usano certo quelle tecniche e che si scusano del fatto che Gatti si sia comportato così (la parola usata per descrivere cosa pensa di Gatti non posso riportarla per decenza). Chiamo anche un dirigente del Sole24 Ore che mi dice che quel signore non sta lavorando per il giornale e che gli dispiace quello che è accaduto. Chiamo infine, per sbollire la rabbia, un direttore della Rai che commenta che probabilmente è uno che vuole imitare la Gabanelli senza averne le capacità.
   
Ancora furibondo scendo a mangiare alla mensa della Cgil dove trovo alcuni della troupe seduti a tavola. Mi siedo a mangiare vicino a loro. Sono gentili e mi sembrano a disagio. Mi spiegano che hanno girato in diversi petrolchimici italiani ma il Gatti ha deciso che lo scandalo di inquinamento era a Ferrara. “A Ferrara? Ma se siamo l’unico sito in Italia che ha iniziato le bonifiche dell’area chimica industriale…” Loro mi guardano imbarazzati. Mi parlano di un signore con barba e capelli bianchi particolarmente “invelenito” contro l’asilo e contro il Comune, con cui Gatti ha avuto molto a che fare. “Quello lo conosco bene… eravamo a scuola insieme”, ho risposto. Loro mi hanno guardato ancora più perplessi. 

Tre o quattro giorni dopo (era il momento della modifica della Legge sul Mercato del lavoro al Senato, se non ricordo male, ed ero piuttosto impegnato in Cgil) ho chiamato un dirigente del Comune di Ferrara pregandolo di aiutarmi a ricordare qualche dato preciso sulla vicenda dell’Asilo dei veleni e ho avvertito il Sindaco di quello che era accaduto. Ho informato anche la Segretaria Generale della Cgil che se per caso avesse visto in TV un’intervista, svolta in Cgil, su una vicenda di “avvelenamento di bambini”, non era colpa mia.

Avute le informazioni che mi mancavano ho pensato fosse corretto avvertire il corrispondente del Sole 24 Ore da New York di come stavano (secondo me) le cose.
Metto di seguito lo scambio di mail intercorse perché mi sembra esemplare di una certa deontologia professionale… Nel frattempo c’è stato il terremoto in Emilia.

La mia prima:

Gentile Dr. Claudio Gatti,
Anche se le giornate sono piuttosto impegnative per il Comune di Ferrara, come Lei può immaginare, ho chiesto ai dirigenti competenti di riaprire la documentazione relativa alla vicenda dell’Asilo di Via del Salice e ricostruire la sequenza temporale e causale della sua costruzione e ultimazione.
Ho inoltre parlato con il Sindaco, Avv. Tiziano Tagliani, della sgradevole esperienza avuta con Lei.
Ora sono in possesso di tutta la documentazione del caso e di una ricostruzione dettagliata e ufficiale che smentisce la Sua tesi (ma forse dovrei dire pregiudizio) circa il fatto che noi avremmo costruito l’asilo SU una discarica e NONOSTANTE la conoscenza di inquinamento nel sottosuolo (delibere, piano particolareggiato, conferenze dei servizi, verbali delle commissioni consiliari, pareri positivi dell’Usl e dell’Arpa, i verbali del gruppo di lavoro costituito presso la Regione Emilia Romagna, le assemblee con i cittadini della zona Est, ecc.). L’asilo dista infatti 372 metri dalla discarica e la scoperta di presenza di Cvm nell’area risale, per merito di indagini comunali, all’autunno inverno 2008, a costruzione dell’asilo ormai completata.
Naturalmente, se Lei mi avesse avvertito del tema che intendeva trattare, avrei potuto fornire maggiori particolari “a mia difesa” già durante l’intervista. Ma Lei ha preferito ricorrere a un tranello invece che a un’inchiesta professionalmente corretta.
La prego di credere che non ho nulla contro un certo giornalismo aggressivo che appuri e disveli la verità quando le autorità la vogliono nascondere. Ma non è questo il nostro caso. Il Comune di Ferrara ha avviato fin dal 1999, per primo dal dopoguerra in Italia e alla luce del sole, le caratterizzazioni e le bonifiche sia delle aree industriali chimiche, sia delle aree inquinate lontane dagli insediamenti.
Resto a sua disposizione per fornirLe ulteriori informazioni, così il Comune di Ferrara nei suoi dirigenti, nei suoi assessori e nel suo Sindaco che ci legge in copia.
Il Sindaco è stato informato di quanto accaduto e tutelerà l’immagine della città nonché la correttezza istituzionale dei suoi amministratori contro ogni possibile diffamazione. Ho personalmente avvertito la Segretaria generale della Cgil e l’ufficio Legale della Cgil Nazionale di quanto accaduto poiché Lei ha ritenuto indifferente, sbagliando, l’uso dei locali del Palazzo di Corso d’Italia per un’intervista su fatti che non riguardavano in alcun modo l’attività sindacale e l’industria chimica, come mi aveva voluto far credere.  Malgrado non condivida le Sue opinioni (a partire dalle considerazioni sull’Italia come “paese di pezzenti” fatte da Lei prima dell’intervista) e il Suo modo di fare inchieste con esito predetrminato, Le propongo, se è disponibile, un supplemento di indagine da svolgere a Ferrara “coram populo” sull’intera vicenda.
Mi risulta tra l’altro che sia imminente il responso dell’Istituto Superiore di Sanità cui abbiamo affidato, come Le ho detto, l’ultima parola sui dati di inquinamento, i rischi per la salute e la possibilità di aprire l’Asilo.
Distinti saluti

Ed ecco la sua immediata risposta:

Dottor Sateriale,
 evidentemente il Suo ego prevale sulla coscienza del dramma che sta vivendo la Sua citta’. Tanto da spingerLa in questo momento di emergenza a chiedere al suo successore di dedicare tempo, energie e risorse pubbliche in qualcosa che serve solo il Suo interesse personale. 
Aggiungo anche che sono io a trovare sgradevole il fatto che Lei mi attribuisce parole da me MAI pronunciate – non ho mai detto che l’Italia e’ un “Paese di pezzenti”, ho parlato, cosa ben diversa, del fatto che lo Stato oggi e’ costretto a “mendicare” soldi al mercato.
Altrettanto sgradevoli sono la sua ricostruzione del tutto inaccurata di quello che ho fatto e detto, la sua accusa di averle teso “un tranello”, di avere una “tesi” precostituita o peggio un “pregiudizio”, e ancor piu’ le sue neppure troppo velate minacce di improbabili azioni legali da parte dell’attuale amministrazione comunale di Ferrara (che non si capisce perche’ lei coinvolge in una questione legata alla sua gestione), o – cosa ancora pu’ incredibile – la Cgil Nazionale.
Infine sgredevolissimo e’ il fatto che Lei abbia ritenuto di condividere con l’attuale Sindaco questa sua personale ricostruzione del nostro incontro oltre che i suoi commenti sulla mia professionalita’.
Detto questo, anziche’ inviare messaggi inconcludenti a persone che non hanno nulla a che vedere con la nostra intervista (come e’ l’attuale sindaco Tagliani) la invito a inviare a me una nota che illustri tutto quello che ritiene di non essere stato in grado di dirmi sulla vicenda in quanto “non preparato”. Saro’ lieto di prenderla nella dovuta considerazione.

Cordiali saluti
Claudio Gatti

A me questa mail è parsa scritta da una persona che non sa come funzionano le istituzioni in Italia e ho cercato di farglielo capire con una mail successiva che consideravo “riconciliante”.

Via, Dottor Gatti, non sia gratuitamente offensivo. Io mi sono preso le mie scosse e sono scappato in strada quattro o cinque volte come tutti i miei concittadini e quindi conosco dall’interno “il dramma che sta vivendo la mia città”, non mi venga a dare lezioni di senso civico. Se in questi giorni ho parlato almeno una decina di volte con il Sindaco Tagliani (che è stato mie vice sindaco per 6 anni) e con gli assessori (che sono stati miei assessori) e con i dirigenti non è stato certo per parlare della Sua intervista (o per “mio interesse personale”).
Ma vorrei, “pacatamente”, segnalarle che le amministrazioni locali non funzionano come pensa Lei:
1.     Io ho dovuto rispondere  personalmente e pubblicamente di decisioni prese dall’amministrazione precedente per anni, come è naturale (legga il capitolo sul nuovo Ospedale che c’è nel mio libro se ha un po’ di tempo, o quello sulla Coop Costruttori). il Sindaco Tagliani farà la stessa cosa perché toccherà a lui nei prossimi mesi decidere se aprire o non aprire l’Asilo.
2.     Gli atti ufficiali di cui Le ho parlato (e di cui mi assumo certo la piena responsabilità politica) sono firmati da almeno una ventina di dirigenti e quadri del Comune che sono tuttora in funzione e rispondono di quegli atti di fronte ai magistrati.
3.     Se Lei accusa me di aver costruito un Asilo sapendo che avrebbe messo a rischio la salute dei bambini, accusa necessariamente anche loro. Io non Le faccio nessuna “velata minaccia”, La informo di una cosa del tutto ovvia e certa: che il Comune di Ferrara si tutelerà rispetto a quello che Lei dirà della città e delle decisioni prese dall’Amministrazione comunale (passata e presente perché si tratta di decisioni e di atti che sono tuttora vigenti e in attesa di conclusione).
4.     Se non avessi informato il Sindaco Tagliani di quella intervista me ne avrebbe certamente e giustamente chiesta la ragione (se vuole avere un’idea dei rapporti professionali e di lealtà personale che ci sono fra noi dia un’occhiata al capitolo che ho scritto sulla morte di Federico Aldrovandi)
5.     Veniamo alla Cgil, dove ricopro il ruolo di coordinatore della Segreteria Generale. Questa non è colpa Sua, nemmeno colpa mia. Ma se avessi conosciuto prima il tenore della Sua intervista non avrei certo accettato di farla nella sala della Direzione nazionale dove di solito si tengono le conferenze stampa.
6.     Secondo Lei, come avrebbe reagito la Segretaria Generale se avesse visto in tv un’intervista fatta in Cgil al suo più diretto collaboratore che viene accusato a dir poco di trascurare i problemi di inquinamento ambientale se non la salute dei bambini? Mi avrebbe come minimo chiesto perché non era stata avvertita. Ecco perché ho dovuto scusarmi di aver coinvolto la Cgil in una vicenda in cui la Cgil non c’entra. Ed ecco il motivo per cui anche la Cgil tutelerà la propria immagine.    

Detto questo, mi scuso se ho frainteso il senso delle Sue parole sull’Italia. Avevo colto un accenno di disprezzo sia verso l’talia che verso la Grecia che mi fa piacere sapere non esiste. Invece sono convinto che Lei ha fatto una indagine a senso unico, senza approfondire tutti gli aspetti e controllare gli atti, altrimenti anche Lei saprebbe che la costruzione dell’Asilo a 372 metri dalla vecchia discarica è stata autorizzata anche dall’Usl e dall’Arpa e che la presenza di Cvm è stata da noi accertata (e da noi resa pubblica nelle conferenze stampa e nelle assemblee con i cittadini del quartiere)  nell’autunno inverno 2008.
Io torno a proporle di ripassare per Ferrara, di parlare con gli attuali amministratori e dirigenti e di dare un’occhiata agli atti pubblici e consultabili e poi decidere cosa fare. Se vuole L’aiuto a fissare un incontro.

Buona giornata.

Ma mi sbagliavo sull’effetto riconciliante della mia mail. Infatti il Gatti mi ha immediatamente risposto che toccava a me difendermi, se volevo, non certo a lui cambiare idea. Certo lui avrebbe alla fine valutato e il tutto e tratto il suo giudizio. Ma negli Usa il pubblico ministero e il giudice non hanno carriere separate?

Dottor Sateriale,
anziche' tentare di insegnarmi il mestiere Le rinnovo l'invito a mandarmi una Sua nota in cui aggiunge/corregge informazione sulla questione dell'asilo.In modo che abbia modo di valutare il tutto.
A proposito: ha letto l'articolo a pagina 31 de la Nuova Ferrara di ieri? Glielo segnalo nel caso Le sia sfuggito. Si legge che "l’ex responsabile del Settore Ambiente del Comune Alberto Bassi, il progettista dell’asilo      Luca Capozzi e il direttore dei lavori Gianni Squarzanti" sono stati rinviati a giudizio e "devono rispondere di gestione non autorizzata di rifiuti per il “pasticcio” di via del Salice".
Cordiali saluti. CG

A questo punto confesso che mi sono stufato. Avevo altro da fare che andar dietro alle inchieste del corrispondente del Sole 24 Ore da New York in missione speciale in Italia. Il Sindaco mi ha detto che avrebbe invitato il giornalista a venire a Ferrara e approfondire la cosa sul campo e tanto mi è bastato. Facesse il Gatti quello che voleva del suo documentario e della sua intervista. Tiziano mi ha anche informato che il responso dell’Istituto Superiore di Sanità sull’Asilo è imminente. Bene. Anni fa, di fronte agli atteggiamenti contraddittori e discutibili della Usl di Ferrara, avevo deciso che l’ultima parola toccava all’ISS. E così la penso ancora: staremo a vedere.  
Un paio di settimane dopo è arrivata la relazione dell'Istituto Superiore di Sanità.

martedì 26 giugno 2012

Un caro abbraccio alla famiglia Aldrovandi


Gentile Signor Ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri,

La disturbo in qualità di sindaco della città di Ferrara nel momento della morte di Federico Aldrovandi.
È ben vero, come Lei ha autorevolmente richiamato, che la Polizia di Stato svolge funzioni meritorie di difesa dell’ordine pubblico e di prevenzione e repressione della criminalità con abnegazione verso lo Stato e i cittadini. È altrettanto vero che per lungo tempo La Polizia di Stato, a partire dai suoi vertici nazionali e dalle sue organizzazioni sindacali fino alla massima autorità locale di pubblica sicurezza, si è erta a difesa acritica degli agenti coinvolti nella morte di Federico Aldrovandi, fino a commettere omissioni gravi e “deformare” ripetutamente la verità (almeno dal settembre 2005 fino al rinvio a giudizio dell’estate 2006). E questo ritengo sia un comportamento inaccettabile per un corpo leale dello Stato.

In molte occasioni, anche recenti, sia alcuni agenti direttamente coinvolti, sia alcuni ambienti della polizia hanno pesantemente oltraggiato la memoria di Federico e la famiglia Aldrovandi che, La prego di credere, ha sempre voluto e saputo distinguere tra le responsabilità individuali e le funzioni e la onorabilità della Polizia di Stato. Anche in questo caso si tratta di un comportamento al di sotto dei limiti della decenza da cui la Polizia dovrebbe prendere pubblicamente e con nettezza le distanze. Cosa non ancora accaduta.

Se avrà la possibilità e il tempo di ricostruire il clima che si è determinato a Ferrara attorno alla vicenda Le suggerisco il film-documento di Filippo Vendemmiati “È stato morto un ragazzo” e il capitolo del mio libro dal titolo “La triste storia di Federico” che volentieri Le invio.

Con molta stima, Gaetano Sateriale

venerdì 22 giugno 2012

Messa in sicurezza

       Ieri tornando in città abbiamo notato che erano sparite alcune strisce bianche e rosse e che ora si poteva entrare in Via della Resistenza senza dover fare il giro del mondo per arrivare in Oca Balletta. Buon segno di ritorno alla normalità. In casa invece una sorpresa: l'architetto ha deciso che per precauzione è meglio mettere un puntello. Dopo le prime scosse l'arco si era incrinato in maniera un po' vistosa.


       Adesso è stato puntellatoin maniera ancora più vistosa, ma sicura. Bisognerà che me ne ricordi se di notte dovessi andare a bere in cucina. (Paco invece ha deciso che quella base di legno è un ottimo posto per farsi le unghie).


        E pensare che alla prima scossa, la notte del 20 maggio alle 4.04, avevamo pensato (per un nanosecondo, prima di scappare in giardino) di ripararci proprio sotto questo arco di muro portante. Vai a sapere.

        Ieri sera, mentre guardavamo la televisione, ci è sembrato improvvisamente di sentire vibrare il divano. Anche Paco, sulla sua seggiola, per un attimo ha alzato le orecchie. Ma non ci siamo mossi.


        Il mio sismografo ondeggiava leggermente. Ma è uno strumento molto sensibile, forse troppo: dovrei tararlo meglio.


        O forse siamo noi diventati tutti più fatalisti di quel che eravamo.

giovedì 7 giugno 2012

Mente Locale a Caltanissetta

lunedì 11 si farà Mente Locale a Caltanissetta con i Sindaci di Agrigento e Porto Empedocle, la Vigàta di Andrea Camilleri...




domenica 27 maggio 2012

Ad perpetuam rei memoriam: cose da nulla... (2)

Mente Locale, Bompiani, pgg. 110-112

... Ho avuto con Beppe Grillo uno dei colloqui più sgradevoli della mia carriera: per fortuna solo telefonico. Credo sia stata colpa mia. Pensavo di parlare con il simpatico istrione che mi diverto a vedere nei suoi spettacoli e invece mi sono trovato di fronte un politicante che cercava di imbrogliarmi.
In breve. Grillo doveva passare in città per uno dei suoi spettacoli. Mi è arrivato per posta un invito a partecipare e i giornali ne hanno dato notizia. Ho fatto ringraziare dalla mia segretaria e mi sono scusato di non poter andare allo spettacolo. Ho in- vitato Grillo, se voleva, a prendere un caffè in Comune, come faccio spesso con gli ospiti di un certo riguardo. Dalla sua organizzazione hanno risposto che non avevano mandato nessun invito al sindaco e che avrebbero avvertito Grillo dell’idea del caffè. Lo spettacolo c’è stato, con il solito successo. Il mio ufficio stampa mi ha informato che Grillo ha fatto una battuta contro di me all’inizio e poi lo spettacolo ha seguito il suo copione. La battuta è stata: “Hanno preso il capo di Cosa Nostra, ma non siamo riusciti ancora a catturare il latitante numero due: il vostro sindaco! Vedrete che prima o poi lo acchiapperemo!” Non era una battuta leggera, ma in bocca a un comico poteva anche far ridere.
Al telefono sono stato cortese con una persona che immaginavo fosse in privato divertente come in pubblico. Lui mi ha risposto con una voce niente affatto simpatica che se l’invito a prendere un caffè in Comune era per fargli cambiare opinione era meglio non vedersi. È seguita una conversazione piena di equivoci. Io non sapevo di quali opinioni stesse parlando, Grillo mi spiegava quanto fossero dannose le micropolveri e in particolare le nanoparticelle di metallo, come sostenevano scienziati di fama internazionale che collaboravano con lui. Io non capivo perché mi dicesse con astio quelle cose, visto che stavamo costruendo una centrale elettrica a metano che produce ossidi di azoto in quantità forse preoccupanti, ma non particelle metalliche. Lui mi trattava come uno che vuole nascondere le cose, io replicavo dicendo che tutti i documenti tecnici erano pubblici e che le polveri sottili sarebbero calate. Poi ha fatto una proposta come se fosse una concessione: se volevo un colloquio con lui avrei potuto invitarlo a parlare in un Consiglio comunale straordinario aperto ai cittadini. A questo punto, svelato il trucco, ho risposto che in consiglio comunale parlano solo coloro che sono eletti dai cittadini: non mi interessava se a Reggio Emilia gli avevano dato la parola in un consiglio comunale straordinario e nemmeno che i suoi consulenti fossero stati ricevuti dalla Regina Elisabetta, come sosteneva. C’erano dei regolamenti ai quali intendevo attenermi e lui avrebbe potuto parlare in qualsiasi altro luogo pubblico della città, e partecipare ai lavori della commissione consigliare sull’ambiente (che sono pubblici) se voleva, ma non parlare davanti al Consiglio riunito.
Grillo accettò la sfida e qualche settimana dopo organizzò un suo spettacolo in Piazza Municipale proprio durante i lavori del consiglio comunale. Si fece montare un microfono sullo Scalone monumentale di marmo e da lì parlò a circa 5000 persone riempiendoci di insulti per non aver voluto ascoltare i suoi famosi scienziati alludendo ancora al latitante che “finalmente era trattenuto dentro” mentre loro stavano liberi in piazza. Al comiziospettacolo partecipò anche il mio ex direttore ge- nerale nella nuova veste di politico ambientalista. Alle elezioni successive la sua lista prese 2500 voti, la nostra 50.000. La democrazia di mandato, con tutti i suoi limiti, da noi convince ancora più della democrazia di piazza, o di palcoscenico.
...

Ad perpetuam rei memoriam: cose da nulla...

Mente Locale, Bompiani, pgg. 47-51

.... Il sindaco è, insieme, vertice dell’esecutivo, in altre parole capo del governo locale, e responsabile dell’amministrazione, cioè dell’apparato di funzionari e dirigenti che realizzano e rendono operative le decisioni dell’assemblea (il consiglio) e dell’esecutivo (la giunta).
Nella prima funzione il sindaco ha un potere quasi assoluto. Nomina e revoca gli assessori che sono, secondo la riforma del ’93, suoi collaboratori fiduciari e non più rappresentanti dei partiti.
La funzione del sindaco come capo dell’amministrazione è invece temperata in vario modo. Esiste una figura obbligatoria di segretario comunale, nominato dal sindaco sulla base di un elenco di persone appartenenti a un albo nazionale dei segretari comunali: una sorta di tecnocorporazione di controllori che sopravvive in barba al principio di responsabilità. Il segretario comunale è garante della congruità degli atti, come una sorta di notaio, ma in qualche misura può vigilare e sovrintendere, se incaricato anche di questo, sull’operato degli uffici. Esiste inoltre la figura, non obbligatoria, del direttore generale del Comune o city manager, scelto dal sindaco sulla base di competenze ed esperienze di direzione maturate anche all’esterno del Comune. Il direttore, che risponde unicamente al sindaco, è a tutti gli effetti il “responsabile della gestione”. Il legislatore, nel 1997, ha immaginato con questa figura di portare un po’ di cultura manageriale privata all’interno di un ente pubblico non abituato a criteri di efficienza, efficacia, produttività, obiettivi assegnati, responsabilità, rendicontazione ecc. Le esperienze nei Comuni che hanno introdotto questa figura sono varie. In alcune città l’esperimento è andato bene e il sindaco ha nel direttore un braccio in più, un controllo quotidiano sull’attività degli uffici: tempi, modi, relazioni con altri enti e rapporti con i cittadini. In altri casi, più frequenti,si è determinato un conflitto esplosivo tra direttore e dirigenti, direttore e assessori, direttore e sindaco. Nella mia città è accaduto proprio questo. Il direttore che ho scelto, un brillante manager (anche lui proveniente dal settore cooperativo), ha ini- ziato a litigare con i dirigenti, a contrapporsi agli assessori accusandoli di scarsa capacità, a dividere i collaboratori tra quelli che stavano dalla sua parte e quelli che erano contro di lui. Soprattutto, ha immaginato che il sindaco fosse una figura istitu- zionale simbolica e che le vere decisioni le dovesse prendere tutte e solamente lui. Io e il vicesindaco abbiamo cercato di spiegargli per un anno intero che così non andava bene, che le sue capacità erano riconosciute da tutti (che qualche ragione per criticare i dirigenti l’aveva), ma che il suo modo di fare era devastante e inaccettabile. Lui prometteva di cambiare ma, evidentemente non voleva o non ci riusciva. Quando ha querelato due dirigenti perché riteneva l’avessero diffamato, abbiamo deciso di licenziarlo perché era venuta a mancare la fiducia nei suoi confronti. Gli abbiamo liquidato le cifre – molto alte – previste dal suo contratto e abbiamo vinto la causa civile che ha immediatamente intentato contro il Comune per avere più soldi del dovuto. Inutile dire che l’opposizione mi ha attaccato a lungo su questa vicenda: prima per averlo scelto come direttore generale, poi per averlo pagato molto e infine per averlo licenziato. Avevano ragione e, per un paio d’anni dopo quell’esperienza traumatica, abbiamo rinunciato alla figura del direttore generale, cercando di risistemare gli uffici e incollare i pezzi della macchina comunale che lui aveva rotto. Poi le funzioni del direttore le abbiamo affidate, come molti altri Comuni, al segretario comunale.
Ci sono due particolari paradossali e persino ridicoli in questa vicenda che è stata per me molto penosa. Il primo è che i sindacati dei dipendenti comunali stavano con il direttore e non con i dirigenti e i dipendenti (tanto meno con il sindaco ex sindacalista della Cgil). Così ho smesso di incontrarli, anche perché in fase di contrattazione usavano tecniche di rilancio negoziale non degne di un sindacato serio.
Il secondo paradosso è che ora l’ex direttore ha abbandonato l’abito del manager superprofessionale e superpagato e si è dato alla politica. Ha fondato una lista civica quasi famigliare con il sostegno del movimento di Beppe Grillo e alle ultime elezioni è diventato uno dei capi dell’opposizione in consiglio comunale. Adesso sostiene che è stato licenziato perché si era opposto ad alcune decisioni prese dal sindaco e dalla giunta (tra cui la realizzazione del nuovo ospedale di Cona) ma è una motivazione di pura fantasia. È stato licenziato perché voleva fare il sindaco senza essere stato eletto.
Però l’errore di averlo scelto non posso imputarlo a nessun altro che a me; complici le raccomandazioni di alcuni dirigenti del mondo cooperativo di cui all’inizio mi sono fidato.
...

giovedì 24 maggio 2012

#terremoto 3: una considerazione consolatoria

Pensavo in questi giorni che uno dei luoghi più sicuri anche dal rischio sismico si è rivelato essere il nuovo Ospedale Sant'Anna appena aperto a Cona (Ferrara). E' stato ultimato con anni di ritardo, è costato molto più del previsto, è certamente lontano dalla città. Ma almeno è antisismico. Forse, malgrado tutto, qualcosa di buono abbiamo fatto...

martedì 22 maggio 2012

cronaca domestica del #terremoto (2)


Intanto cominciava ad albeggiare. Ci siamo fatti coraggio e siamo risaliti per accendere la televisione. Abbiamo alzato il volume, aperto le finestre e siamo tornati in giardino ad ascoltare le notizie. Si sentivano i primi timidi annunci sul terremoto e poi una quantità di approssimazioni quasi inquietanti. "L'epicentro sembra essere tra Modena e Rovigo" Ma tra Modena e Rovigo ci siamo noi... Boh... Poi un'altra: "l'epicentro è a 36 km a Nord di Bologna". Anche in questo caso ci siamo noi. Perché non dicono "l'epicentro è in provincia di Ferrara? Nel corso della giornata ne abbiamo sentite di tutti  colori: nomi dei Comuni storpiati (Bandeno, Bandano). Paesi attribuiti a Province diverse dalla loro. Poi l'esclusione di vittime, poi i numeri che si rincorrono. Siamo risaliti in casa con molta precauzione e abbiamo cercato di ricostruire i danni. Polvere e pezzi di intonaco in giro ovunque ma nessun danno strutturale, ci sembra. A parte una crepa nell'arco di un muro portante (sotto il quale, per un nanosecondo avevamo pensato di metterci alla prima scossa). Intanto alla televisione parlano di baricentro tra Modena e Ferrrara ma mi accorgo che la macchina sfondata da una pigna di pietra che viene proiettata di continuo si trova accanto al Parco Pareschi, a 80 metri da qui.
In casa, gli unici danni sono alle suppellettili, non ovunque, non in maniera uguale. Dalla credenza in soggiorno è caduta una pirofila di vetro e si è rotta a terra spargendo schegge ovunque. A un metro di distanza un termometro di vetro alto e sottile appoggiato su un mobile non si è neppure mosso. La mia raccolta di cd è appoggiata su tre scaffalature una a fianco all'altra. La prima si è svuotata, i 500 cd sono tutti a terra aperti e svuotati (e in parte gli involucri rotti). Nelle altre scaffalature i cd sono tutti al loro posto, non ne è scivolato a terra nemmeno uno. Da una trave è caduta una barchetta di legno (le altre no). Dalla trave vicino al letto è caduta la statuetta di Tin Tin e si è rotta la testa e un piede (aggiustabile), anche una cariatide di gesso sulla liberia si è spezzata la testa. sono caduti dei quadri. In cucina qualche tazza rotta e una bottiglia di aceto balsamico. Insomma, danni veri in casa nessuno. Ma un danno psicologico che crescerà nella giornata invece che calare. L'idea di non essere sicuri a casa propria è devastante. Siamo abituati da millenni che chiudiamo i rischi fuori dalla porta. Invece il terremoto porta i rischi dentro: soprattutto dentro.
Con molta precauzione e l'orecchio teso facciamo colazione in cucina. Poi decidiamo di vestirci decentemente e andare a fare un giro in città a vedere la gravità dei danni. Saranno le 10, massimo le 11. Le persone sono rientrate in casa (Paco e Pepe non si vedono: due sfollati in più). Ci accorgiamo subito che i vigili del fuoco hanno già delimitato le aree pericolanti (dove è catuta qualche tegola o pezzi di cornicione o pinnacoli o camini dai palazzi storici). Mi sembra che il lavoro di ricognizione sia già stato fatto quasi ovunqua: anche nel nostro vicolo. La mia impressione è che ci siano molti danni diffusi, ma non gravissimi. Almeno in città. E la fortuna che la scossa sia stata di notte.
Torniamo a casa. Dalla televisione capiamo che a Sant'Agostino  e a Finale le cose sono andate peggio. Il Municipio di Sant'Agostino sembra squarciato. La vecchia torre estenze spezzata in due (e poi abbattuta totalmente dalla seconda scossa forte del pomeriggio)
Ci è passata la paura (anche se resta il ricordo di quell'istante di terrore alle 4.04) e cominciamo a pulire in casa: raccogliere i vetri, i pezzi di intonaco e soprattutto la polvere. Alla televisione  spiegano che sono caduti dei capannoni industriali e che ci sono delle vittime: operai che lavoravano nel turno di notte. Proiettano le immagini: i capannoni sono totalmente crollati, il tetto è precipitato a terra intatto. Non hanno tenuto i montanti: è incredibile!

Erano capannoni nuovi! Non è possibile che accada. Sono stati costruiti male! O male utilizzati. Non c'è altro da pensare e da dire. E' una vergogna.
Torna mia sorella e decidiamo di mangiare qualcosa in cucina. Siamo subito interrotti da una nuova scossa ma non confrontabile con quella notturna. Ricominciamo a mangiare. Poi mia sorella torna a casa sua e noi ci mettiamo a riposare perché siamo stanchi e insonni. Ma alle 15.40 schizziamo di nuovo in piedi e scappiamo in giardino. Basta! non si riesce a stare in casa. Decidiamo di fare un giro in macchina. I nostri vicini sono di uovo nel vicolo. Andiamo fuori città a dare un'occhiata. Comincia a piovere. Andiamo a vedere il nuovo ospedale di Cona (appena aperto). Per fortuna è assolutamente intatto perché sottoposto a normativa antisismica. Parlo al telefono con amici amministratori che mi dicono di averlo già  utilizzato per ricoverare anziani provenienti da strutture danneggiate o a rischio. In città ci sembra ci sia molto controllo dei pompieri, della protezione civile, dei vigili urbani. La situazione ora sembra tranquilla. Torniamo a casa. Finiamo di sistemare le cose. Ci arriva una telefonata che dice che in Via Bologna "l'esercito sta consigliando la gente di non dormire a casa". Non dormire a casa? l'esercito? sono impazziti... Mando un messaggio al sindaco. Tiziano gentilmente richiama subito per dirmi che è una notizia assolutamente falsa che qualcuno ha messo in giro su Face Book e che il Comune sta cercando di smentire nel modo più assoluto. Ci sono persone che sono già state ricoverate in alcuni centri perché vengono da edifici a rischio ben individuati, non altro. Lo ringrazio.   
Il capo nazionale della protezione civile presente in città dice la cosa più sensata e anche più desolante: "non c'è alcuna garanzia che le scosse siano finite e che le prossime saranno più deboli delle prime".
Mia sorella è tornata da noi con la valigia. Deve andare a Verona da sua figlia e ha deciso di anticipare la partenza. Ci ragioniamo sopra. Domani io devo essere al lavoro a Roma, Eileen a Milano. L'idea di stare sul chi vive tutta la notte in attesa di una nuova scossa (e magari scappare in giardino sotto la pioggia) non ci piace. Decidiamo di mangiare in fretta e andare a Milano in macchina. Dormiremo lì e poi domani ognuno andrà dove deve.
Prepariamo le valige e partiamo. Non prima di aver messo dei croccantini in un angolo riparato del giardino dove Paco e Pepe potrebbero cercarli e aver lasciato scatolette varie al vicino di casa in fondo al parco (dove pure i fratelli ogni tanto passano a far visita) e aver allertato un vicino di casa del vicolo.
Siamo in macchina per Milano: chissà se ci conteranno tra gli sfollati.
Piove molto ma almeno stiamo tranquilli. Mia sorella per tranquillizzarci dice che perché si rompa l'autostrada il terremoto deve essere davvero molto forte. Però non vediamo passare nemmeno un Eurostar per tutto il tragitto. Domenica notte altre scosse.
Lunedì sera con un ponte telefonico (Ferrara, Tunisi, Milano, Roma) veniamo a sapere che sono finalmente stati avvistati i due mici nel vicolo vicino a casa loro.   

lunedì 21 maggio 2012

Sul #terremoto per gli amici non ferraresi

Scritto sul terremoto per gli amici non ferraresi. Dicono che c'è stata una prima scossa all'1.30 del venti, ma noi non l'abbiamo sentita. Paco e Pepe, i gatti dei vicini che ospitiamo per il we, erano in casa e dormivano anche loro. (C. e G. sono in vacanza in Tunisia e quindi questo fine settimana li abbiamo con particolare affidamento: almeno venti scatolette più croccantini). Paco (quello rossiccio a destra) mi ha svegliato per uscire alle 2.20 (un po' presto per le sue abitudini, ma non era affatto agitato, come si dice). Ha smangiucchiato davanti a me e poi ha sceso lentamente le scale. Io ho aperto la porta e l'ho fatto uscire. Suo fratello Pepe (quello soriano grigio) ci guardava dal pianerottolo ma non si è mosso. Ho aperto una finestra a pian terreno in modo che potessero entrare o uscire a piacimento senza tornare a svegliarmi e mi sono rimesso a letto. Eileen continuava a dormire. Dopo un po' mi sono accorto (saranno state le 3.30?) che Paco era tornato e si era messo a dormire fra le mie gambe, come fa sempre.
(Pepe invece non sale sul letto e preferisce dormire da solo su una seggiolona che c'è al piano di sotto. Paco quando non sta sul letto con noi dorme su una seggiola comacina vicino alla tv). Poi mi sono addormentato profondamente e non ho più sentito nulla fino al momento in cui Eileen mi ha svegliato urlando e già seduta sul letto. Era buio, ma non c'è stato bisogno di accendere niente per capire cosa stava succedendo. Ricordo che non ho avuto nessun pensiero diverso dal fatto che fosse un terremoto, malgrado il dormiveglia e pur non avendone mai vissuti direttamente di così forti e vicini. Si avvertiva un rumore sordo ma molto forte, una specie di ronzio basso e continuo. Poi degli scricchiolii terribili delle travi che abbiamo proprio sopra il letto. Tutto vibrava, il letto sobbalzava e si sentivano cadere gli oggetti che stavano su mobili. Ho sentito polvere che mi cadeva sulla testa. È stata questione di pochi attimi e siamo scappati al buio in giardino così come eravamo. Paco e Pepe sono scappati con noi o prima di noi: da quel momento non li abbiamo più rivisti. Ci siamo sforzati di prendere al volo le cose indispensabili e almeno due giacche le abbiamo indossate. In giardino ho chiesto a Eileen di spostare la macchina e metterla momentaneamente nel parco, lontano dai muri. Così avevamo almeno un posto dove stare. Io intanto (non so dire come mi sia venuto in mente) sono andato a chiudere le 4 serrande delle condutture di gas nostre e dello studio di ingegneri che sta al piano terra (per fortuna sono poste all'esterno). Abbiamo acceso le luci del giardino e delle scale. Ci siamo rinfrancati dallo spavento e abbiamo insieme, con molta prudenza, cercato di salire in casa alla ricerca almeno di scarpe e pantaloni. Ma per due volte siamo scappati a gambe levate perché la terra ha ricominciato a sobbalzare e soprattutto si è sentito di nuovo quel ronzio basso e prolungato da far accapponare la pelle. Dopo una mezzora siamo finalmente riusciti a coprirci e a prendere qualcosa di utile o presunto tale (banane, acqua, una pila, un pc, i telefoni, l'orologio). Ci siamo guardati intorno: dai cornicioni non era caduta una tegola, niente. In casa, invece, un macello, come avremmo visto poi. Abbiamo chiamato mia sorella che sta al terzo piano di una casa moderna e l'abbiamo convinta a scendere in cortile e magari venire da noi. Io sono uscito nel vicolo dove c'era molta gente vestita in fretta come noi e scesa in strada. Mi è venuto di dire solo "buongiorno" e ho visto dalle facce che non avevano capito se avevo voglia di scherzare (e io non ne avevo). Ma erano tutti molto gentili e tranquilli. Una signora ha detto che la vecchia madre non ne voleva sapere di scendere ed era rimasta in casa. Un ragazzo ha detto che si ricordava la paura di un altro terremoto vissuto da piccolo. C'erano molti cani e alcuni abbaiavano. Di Paco e Pepe nemmeno l'ombra: anche la loro casa al numero 11 era aperta e ho pensato per tranquillizzarmi fossero scappati a casa loro. Dopo un po' ho visto spuntare la sagoma di mia sorella in bicicletta. Siamo rientrati da noi lasciando il portone aperto per sicurezza: almeno nel nostro giardino non ci sono muri e cornicioni come nel vicolo. (segue)

venerdì 4 maggio 2012

Festa del libro ebraico

Una bella iniziativa (con qualche polemica)


di STEFANO LOLLI
DA GIORNI tiene banco su Facebook, e sottotraccia in città, la polemica innescata dall’ex sindaco Gaetano Sateriale in merito ad un dibattito organizzato nella Festa del Libro Ebraico.
Cosa è successo di tanto grave che l’ha fatta tanto arrabbiare?
Sono stati invitati giornalisti e intellettuali a un dibattito pubblico e poi gli si è fatto il processo perché le loro opinioni non corrispondevano all’ortodossia del pensiero degli organizzatori del Festival, e questo non va bene. Non va proprio bene.
Diciamolo, si è arrabbiato per il battibecco tra Sergio Romano e il presidente della Fondazione Meis Riccardo Calimani.
Un battibecco può sempre succedere e risultare interessante. Ma non si invitano persone a difendersi da accuse preconfezionate di antisemitismo: il direttore di Pagine Ebraiche aveva i «capi di imputazione» scritti e preparati da tempo, come si faceva nei processi staliniani davanti al popolo. Per non dire dei resoconti a senso unico che sempre Pagine Ebraiche ha fatto del dibattito. Non si fa, non a Ferrara, non quando si è ospiti di una città civile e aperta.
Le dico quello che hanno pensato in molti: si è arrabbiato perché hanno maltrattato suo suocero.
Ma figuriamoci! Hanno bacchettato anche Enrico Mentana perché si è permesso di dire che in una democrazia (quale è Israele) non si può distinguere troppo tra il popolo e il Governo, perché quel Governo è stato comunque eletto dal popolo. Invece il pensiero unico degli organizzatori vuole che tra Stato, popolo e Governo non vi sia alcuna relazione possibile. Un concetto davvero singolare in una democrazia. Comunque non voglio drammatizzare. Solo un episodio di cattiva educazione e scarso senso civico.
Cosa c’entra il senso civico?
Il senso civico c’entra perché se la Festa del Libro Ebraico fosse gestita da una delle tante comunità non ci sarebbe niente da dire: uno va, ascolta e si fa le opinioni che vuole. Invece la Festa è voluta e organizzata anche dal Comune. Come occasione di conoscenza e dialogo tra la grande cultura ebraica, quella cattolica e quella laica. È un momento di apertura e non di chiusura. Mi pare che gli organizzatori della Festa se ne siano improvvisamente dimenticati.
Non è che lei sta prendendo le distanze dal Meis visto che non ci lavora più?
Al contrario. Io credo che il Meis sia un bellissimo progetto per Ferrara, per l’ebraismo italiano e il Paese. Continuerò a sostenerlo nelle forme e nei modi con cui potrò farlo. Sono felice che proprio a Ferrara vi sia un luogo in cui conoscere e far conoscere il grande apporto che l’ebraismo ha dato all’Italia da 2000 anni. Ma proprio per questo non si può pensare che il Meis nasca con orizzonti culturali di chiusura: del noi e voi. Esattamente il contrario. L’abbiamo immaginato come un grande centro culturale e una grande occasione politica di dialogo sui diritti delle minoranze. Il contrario della chiusura, del provincialismo, delle rivalità personali, della gestione in proprio.
Non è così?
Per fortuna il progetto va avanti bene, malgrado le difficoltà economiche. Merito soprattutto dell’impegno della Direzione regionale del Mibac. Bisogna accelerare l’avvio del cantiere e definire quanto prima un compiuto progetto museale. Su questo invece siamo indietro.
Come mai? Sono passati diversi anni.
Non abbiamo ancora trovato le competenze adatte per un lavoro così importante e ambizioso. Il Meis dev’essere all’avanguardia anche sul piano del progetto museale, dei contenuti, delle tecnologie. Non è una cosa che si costruisce in casa, basandosi sulle proprie conoscenze e le memorie di famiglia o su un progetto editoriale. Servono professionisti. Bisogna cercarli in fretta e seriamente, magari con un concorso pubblico internazionale. Il Meis non può essere un’opera di bricolage.
Stefano Lolli